Viaggio in Turchia
di Pino Farina
                                                      

     

 

 

 

 

 

Mi hanno sempre affascinato i viaggi impegnativi dove decido io come, quando e per dove partire e andare; anche quest’anno per questo motivo decisi di partire per la Turchia.
Proprio per questi motivi concepisco il mio viaggio rigorosamente in motocicletta.
A dire la verità già l’anno scorso ci avevo lavorato su e lo avevo studiato per potermi concedere le emozioni necessarie alla ricarica per affrontare l’impegno lavorativo dell’anno che viene.
Dopo aver ricevuto la “benedizione” della moglie con la quale ho viaggiato in lungo ed in largo per tutti i paesi di corona al Mar Mediterraneo; dopo aver il giorno prima caricato la moto con quanto mi sarebbe potuto servire per un viaggio del genere e forse più, giorno 12 Settembre 2007 alle 3 di notte parto direzione Brindisi dove mi sarei dovuto trovare antro le 9.30 per le procedure di imbarco verso questa nazione: la Turchia.
Alla dogana tutto semplice e veloce come il tragitto autostradale per arrivare al porto di imbarco.
Si imbarca; lego la moto a bordo e prendo possesso della cabina. Alle 11.00 si parte.
Traversata interminabile con 32 ore di mare compreso il passaggio attraverso l’istmo di Corinto verso le 7.00 di mattina del giorno 13, per accorciare la rotta. A bordo comunque è stata occasione per conoscere altri viaggiatori e scambiare due chiacchiere.

Finalmente alle 18.00 si arriva a Cesme. La dogana, qui, è un po’ più rigida ma non ha controllato i bagagli aprendo le valigie, solo molto precisi nel controllo dei documenti e del mezzo dal punto di vista funzionale (sarà stato un caso?).
Lasciato il porto verso le 19.00 imbocco l’autostrada che mi porterà a Selcuk (Efeso), molto scorrevole con le sue tre corsie e con un manto stradale ottimo; non parliamo del pedaggio, poi, veramente basso in rapporto ai nostri italiani molto esosi. Questa è caratteristica di tutte le autostrade turche veramente molto poche in considerazione della vastità del territorio.
A Selcuk ci arrivo dopo circa 150 km alle 20.00 circa, individuo immediatamente l’albergo per la notte che precedentemente avevo visionato sul web e dopo una buona cena a base di Kebab e yogurth, stanco vado a dormire.
14 Sett.: Visito brevemente Efeso anche perché nei tanti viaggi le rovine sono quasi identiche se non per il fascino della nuova località (provengo dalla “Culla della Civiltà” dove il tempo ha il suo tempo: la Sicilia e molte sono le testimonianze greco-romane). Parto già in tarda mattinata verso Pamukkale il Castello di Cotone percorrendo circa 190 km.
Ci arrivo nel primo pomeriggio verso le 15.30. Specifico che iniziai a non seguire assolutamente i tempi per il pranzo o il sonno ma mi
abbandonai all’istinto trovandomi assolutamente bene nel corpo e nello spirito.
Al parcheggio senza scendere da sella mi fermo per dare un’occhiata ai miei riferimenti relativi all’alloggio ma vengo subito sommerso da procacciatori di clienti (il viaggiatore indipendente se li troverà sempre e continuamente fra i piedi ma basta poco: calma e gentilezza e decisione a dissuaderli).
Così mi trovo un alloggio comodo, pulito e spazioso con tanto di IMPORTANTE parcheggio moto sotto la finestra. Le moto con grossa cilindrata si possono incontrare solo nei grandi centri abitati, quindi la nostra dava immediatamente nell’occhio!
Mi cambio e mi preparo per visitare Pamukkale e le sue vasche di travertino bianche che l’acqua scorrendo nei secoli ha reso sculture maestose. Ho atteso il tramonto con la sua luce che faccia arrossire i riflessi e ne è valsa la pena. Ho avuto il rimorso di essere da solo a godere dei panorami di quella località unica al mondo che troneggia, bianca ed indisturbata su una vasta pianura secca dal sole.
La sera mi ritrovo a cena a scambiare due chiacchiere coi turisti ospiti dell’hotel e dopo cena a pianificare la strada per il giorno a seguire.
Una grande giornata mi attende coi suoi 670 km circa da percorrere.
C
hiedo, per questo la cortesia di poter fare colazione prima dell’orario previsto considerato che vorrei iniziare a percorrere al più presto la transizione.
La chiamo così perché da questo giorno si verificherà il passaggio tra due condizioni, due epoche, due modi di vita, due situazioni: lascerò le aree turistiche per raggiungere zone desertiche ed assolate dove certamente la vita rallenta la sua frenesia ma presenta nuove genti e regala forti emozioni che mi porterò dentro con gioia ed orgoglio. Mi dirigerò verso la Cappadocia.
15 Sett.: Ore 7.30 ricarico la moto mentre il cameriere assonnato mi preparava la colazione turca (pane caldo, burro, marmellata, cetrioli, pomodori, uovo sodo, un salame buonissimo non di maiale –ovviamente- ed olive nere; il tutto innaffiato da liquidi a scelta: thé, latte, caffé turco).
Alle 8.00 ero già in sella ed uscivo dall’abitato di Denizli.
Inizia un lungo tragitto che mi porterà ad attraversare enormi città e paesaggi da favola, vedere laghi immensi e boschi freschi e profumati, terre deserte e capanne di fango, sorrisi, abbracci e pacche sulla spalla e bimbi affamati. Isparta, la città delle rose; il lago Egridir con le sponde circondate da immensi meleti; gli inviti a pranzo dei vari responsabili dei distributori di carburante cui è impossibile rifiutare perché l’ospitalità è una legge non scritta nei confronti del viaggiatore.
Non potevo chiedere di pagare il pranzo, li avrebbe offesi e allora ho dato fondo alle mie maglie del Club per sdebitarmi ma ancor più per un cenno di ben accetto e ringraziamento.
L’ultima autostrada, già da Selcuk, ha lasciato posto a strade statali a doppia corsia, tanto pericolose quanto veloci e maltrattate.

Un verbale per eccesso di velocità era nell’aria già dalla partenza ed infatti così fu.
La polizia stradale turca mi contesta 120 km/h contro i 90 autorizzati (su strada statale che attraversa –con le dovuta attenzioni- i centri abitati). Non conoscono l’inglese e tanto meno l’italiano, come comunicare? Come spiegare che il GPS mi copriva parzialmente la visuale al quadro? Che parac..o! E’ finita che i 222 YTL non li ho pagati perché dicevo di non averli disponibili. La promessa fu di pagare una volta rientrato in patria ma se non contestato alla dogana, in uscita, non ho più l’obbligo del pagamento… pazienza, grazie, e alla prossima!
Ma, d’altro canto, se non viaggi a quella velocità su quei rettilinei assolati rischi che i camion lo facciano per te con conseguenti probabili sassate... ci siamo capiti, vero?
Bene, riparto. Ho perso circa ¾ d’ora sulla tabella di marcia ma non conviene forzare per recuperare.
I paesaggi ora si fanno più aridi ed assolati: niente più vegetazione, solo paglia e sostenuto vento laterale (il peggiore); viaggio ad una quota compresa fra 1000 e 1500 m.slm.: aria fresca e sole a picco.
S
ono ancora in sella da circa 6 ore e 30 ininterrotte se non da una pausa pranzo di ½ ora e il tempo dei rifornimenti. Sto guidando su strade statali e comunali con incroci, semafori e velocità eccessive negli altri tratti: la stanchezza inizia a farsi sentire. La spalla destra già brucia da un pezzo, fa caldo per la stanchezza, le mani iniziano ad intorpidirsi e la concentrazione sbanda.
Le mie emozioni invece sono forti.
Iniziai a percorrere quest’ultimo tratto desertico e feci una sosta per rendermi conto della realtà paesaggistica nella quale mi addentravo: ebbi timore.
Sono solo, con le mie sole forze, con la mia sola moto, con solamente ciò che mi sono portato appresso per ovviare a qualche guasto (in queste situazioni si pensa questo per sdrammatizzare la realtà): se succede qualcosa solo un “buon samaritano” camionista potrebbe portare aiuto.
Ma più procedevo più mi rassicuravo e più davo fiducia alle mie capacità ed alle possibilità della mia moto.
E’ una sensazione particolare: senza esagerare è importante capire perché mi trovavo in quella condizione e perché avevo scelto di esserci. Da solo!
Ho pensato molte volte alla mia compagna e ho desiderato che lei fosse con me ma credo di averle risparmiato questo sacrificio fisico anche se non le ho potuto far provare le emozioni del viaggiatore che attraversa questi territori.
Per interrompere questo lungo nastro ho fatto sosta al Caravanserraglio di Sulthanhagi. Vedere dove le carovane di cammelli e cavalli si accampavano lungo la strada della seta; dove pregavano; dove dormivano; le porte armate di legno ancora ben conservate è l’ennesima emozione della giornata.
Esco per riprendere il viaggio e mi trovo accerchiato da bambini dagli occhi grandi e scuri, con la pelle cotta e sporca, con gli abiti
sgualciti. I bimbi vogliono riuscire a fare affari, a vendermi le cartoline: 5 a 1 YTL. Accetto e mentre ne compravo una decina ho aperto la mia borsa serbatoio per prendere gli spicci, è fuoriuscito un pacchetto di biscotti che avevo comprato presso un distributore. All’epoca non avevo fame ma ora alle 17.00 e dopo tutta quella strada, si! I bambini... lo hanno visto… hanno cercato <<BON BON>>… Ne ho assaggiato solo 1… gli altri li ho distribuiti assieme ad un pacchetto di caramelle. Ora ero affamato ma felice!
Riprendo la strada per gli ultimi 110 km.
Arrivo a Goreme verso le 17.30.
La prima emozione è stata di una grande euforia, forse perché ero arrivato e avevo sfatato la paura di rimanere per strada o forse perché il paesaggio che mi si poneva dinanzi subito dopo una curva a gomito in discesa era da favola. Fatto sta che ho sostato per scattare alcune foto al paesaggio e a me stesso con lo sfondo. E’ il paesino di Uchisar, giusto qualche km prima di Goreme. Non lo visito perché Goreme, più avanti mi attendeva dopo così tanti km in un giorno e necessitavo immediatamente assicurarmi di aver trovato l’alloggio per la notte. Continuo e, come fatto per Pamukkale, inizio, fermo nella piazza principale del paese a spulciare gli appunti scaricati dal web. Faccio quindi un giro per le stradine e trovo quasi immediatamente la struttura che mi avrebbe ospitato per i prossimi 2 giorni. Scarico la moto, doccia e anche se stanco, sono di nuovo in sella per un giro preventivo e per capire, senza stancarmi oltre, dove mi sarei diretto per la cena.
Pensioncina a gestione familiare, tanto che mi si consente di parcheggiare nel cortile interno della struttura la GS, giusto di fronte la finestra della mia camera.
Riesco a piedi e ceno in compagnia di un gruppo di ospiti della stessa pensione: giapponesi, inglesi, tedeschi e tailandesi. Simpatica comitiva che il giorno dopo partirà per altra destinazione.
La serata per un drink al pub dei Flinstones.
16 Sett: Colazione e via in sella a visitare quelle valli spettacolari e fiabesche. Goreme, Avcilar, Zelve, Urgup e le valli attorno, paesaggi unici e bellissimi con i “camini delle fate” che imperano su tutto.
I camini delle fate sono strutture di erosione pluviale che è avvenuta, nei secoli, su questo enorme tavolato di materiale tufaceo. In cima a queste piramidi di tufo è rimasto il “cappello” formato da una roccia un po’ più resistente all’erosione; il risultato è un pinnacolo di roccia bianca con in cima una protezione. Nei secoli queste strutture sono state scavate dall’uomo che le ha utilizzate come riparo: case, magazzini, ricoveri per animali… ora anche alberghi. Riparto alla volta di un altro bel caravanserraglio molto ben custodito che si trova nella zona di Incesu: il Kara Mustafa Pasa. Molto ben curato questo caravanserraglio ora è usato per il festival dei Dervisci Rotanti e per serate a tema.
Per me in questi giorni non è esistito l’orologio ma solo il mio orologio biologico. Mangiavo quando avevo fame, dormivo quando avevo sonno e così via. Ho quindi quasi sempre saltato gli orari di pranzo per lasciare posto ai tempi delle escursioni; quindi non mi sono reso conto che girovagando erano ormai le 16 passate. Effettivamente sono rientrato alla pensione perché non avevo altro da vedere in zona. Una doccia e di nuovo in giro a piedi per Goreme. In tutta la Turchia in questi giorni i muezzin alle 19,30 iniziavano la lode ad Allah ed annunciavano la fine del digiuno per quel giorno, così tutti cominciavano a mangiare. Ho potuto assistere, dall’esterno della moschea di Goreme al rito della preghiera e devo dire è molto affascinante. Molti pensieri sono passati dalla mia mente. Pensieri di rispetto, memorie alla storia studiata, ascoltavo le parole del silenzio e le litanie in quelle lingua per me impossibile da decifrare. Vivevo una
grande gioia dentro: mi sentii felice, forte e il pensiero spesso è volato a casa. Mi sarebbe piaciuto condividere con la mia compagna quella emozione.
Un venditore di tappeti attirato dalla mia moto inizia a parlare ed a raccontarmi storie del paese, vicende e segreti sulle usanze e sul significato di alcuni riti religiosi e devo dire che sono rimasto ulteriormente affascinato.
La sera al pub per l’ultimo whisky; il giorno dopo si partirà presto per Istanbul. Preparo le valigie e buonanotte.
17 Sett: Colazione all’alba grazie alla disponibilità del locandiere. Alle 8 sono già in sella.
Ritorno indietro fino Aksaray perché da lì la strada verso Istanbul è migliore e più veloce. Infatti dopo questa città la strada è come una superstrada: veloce e diritta. I paesaggi che attraverso sono sempre desertici e viaggio ancora ad alta quota con pantaloni e giacca imbottiti e guanti di pelle. La strada è veloce ma il manto stradale molto sconnesso; devo anche fare attenzione alle raffiche di vento che dal lato destro arrivano improvvise e rischio le sbandate quando sorpasso i grossi camion. Questi e gli autobus sembrano i padroni della strada. Automobili sono molto poche da queste parti. Moto? Neanche a parlarne. Solo qualche “tubone” smarmittato guidato da ragazzi o anziani.
Oggi devo percorrere circa 730 km.
Lungo la strada che il viaggiatore percorre, sono tante le emozioni che si vivono, sia per i panorami che si attraversano, sia per umori d’animo particolari, paure e reazioni fisiche, sia per le mete da raggiungere… questa volta, fra tutte queste, ho provato anche orrore!
Vedere la morte che ti sfiora, incoscientemente ma realizzata solo dopo pochi attimi… Procedo alla velocità di crociera di 120 km/h circa, su questo nastro di asfalto grezzo e mal trattato; il pulmann che mi precede di qualche km ma alla mia stessa velocità, non so come, improvvisamente tampona un trattore che lo precede ma con andatura moltissimo ridotta. Quello che si verifica negli istanti seguenti è stato da me vissuto come in un lungometraggio… Nella sua immediatezza è durato un’infinità e ho potuto vedere tutto! Pezzi di pulmann che esplodono in aria misti ad una pioggia di cristalli; i corpi di passeggeri fortunati (perché rimasti vivi) sbalzati nel vuoto; altri passeggeri fortunatissimi rimasti all’interno dell’abitacolo; corpi o detti tali di altri passeggeri sfortunatissimi che colorarono tutto intorno e anche l’aria. Riesco, nella mia freddezza data dall’istantanea inconsapevolezza su quanto stava accadendo, a oltrepassare l’area e la strada ormai piena di qualsiasi oggetto svolazzante, bagagli compresi facendo una gimkana fra i pezzi. Qui ringrazio tutti i miei momenti trascorsi in guida fuoristrada e l’esperienza che da essi è
maturata; riesco a fermarmi sul bordo strada qualche decina di metri più avanti. Ora comincio a realizzare sull’accaduto. L’impressione è brutta! Non scendo nei particolari degni di un film dell’orrore; cosa fare? Gli aiuti arrivano presto perché una pattuglia della polizia si trovava in zona… Riparto! L’andatura ora non è più allegra come prima: non riesco a superare il limite imposto dei 90. Qualche decina di km con le immagini ancora stampate in mente poi penso alle centinaia di km che mi toccano ancora e riesco a superare il limite ancora una volta. Ora la strada scorre di nuovo veloce e fra un cambio di posizione sulla sella e qualche inizio di crampo alla spalla destra doppio Ankara rimanendo sull’autostrada. Qui inizio ad essere pesante con l’acceleratore e mantenendo una media di 140 km/h in serata arrivo ad Istanbul.
Arrivo ad Istanbul? Si, viaggio per decine di km su autostrada interna prima di arrivare al Corno d’Oro, la meta dove intendo pernottare.
La città è enorme, il traffico impossibile, le tre corsie dell’autostrada che scorre all’interno dei centri abitati sono un’unica coda; solo grazie al fatto di essere in moto riesco a prendere il tempo per orientarmi guardando al GPS e correlando la posizione con la mappa della città inserita nel trasparente della borsa serbatoio. Seguo comunque le indicazioni stradali, oltrepasso il ponte sul Bosforo; leggo il cartello “Welcome in Europe” esposto sulla sponda asiatica: che emozione!
Prendo l’uscita per Eminou e poi seguo per Sulthanhamet (la Moschea Blu).
Arrivo con la mia moto stracarica nella piazza principale fra la Moschea Blu e La Cattedrale di S. Sofia… Dove vado? Dove mi fermo per controllare la posizione? In quella bolgia infernale di uomini e macchine è un problema anche pensare di fermarsi: turisti, mercanti, autisti, facchini, bimbi e mezzi, carretti a traino e procacciatori di affari. Un inferno! Ma mi piace, è bello perché è vivo. Sono ad Istanbul: la città dei sogni e delle favole.
Trovo un bel albergo proprio lì, in piazza, il prezzo è ottimo. Scarico la moto e vista la grande confusione levo ogni speranza ad eventuali danneggiatori infilandola in un garage a pagamento che per 3 giorni e 3 notti mi chiede l’equivalente di 7 euro: meglio di così?!
Inizio a vivere le giornate ad Istanbul come un turista turco; senza dare molte cose per scontate e osservando la vita e lo scorrere delle ore di quella gente. Assisto addirittura alle ore di preghiera all’interno della moschea, io: un infedele. Non mi hanno notato in quel carnaio; ma sembro veramente così turco?
La sera alle 19.30 il muezzin intona le lodi al Allah e proclama la fine della giornata del digiuno imposta dal Ramadan che riprenderà la mattina seguente alle 05.30… Si da il via alla mangiogna!!
Istanbul è una metropoli e come tale va intesa… Non si può credere di poterla visitare in pochi giorni specie se si vuole anche assaporare la vita quotidiana di quel popolo (mi farò tagliare anche i capelli da un barbiere in una sala che è senza finestre e da sulla strada affollatissima di carretti e viandanti…).
Proprio per questo ho deciso di vedere solamente le zona attorno alla mia “dimora” e sinceramente non me ne sono pentito.
Non nascondo che attraversare i ponti sul Borforo venendo dall’Asia e potendo leggere il cartello “Benvenuti in Europa” da un pò i brividi!
La confusione che fa parte di quella città ti prende e ti trasporta fino l’ultimo giorno di permanenza: ne ero contento!
18 e 19 Settembre volano fra i palazzi ed i monumenti e la storia e i profumi e i colori e le atmosfere e le leggende di questa città
incantata. Poter vedere ed ammirare le cose, i luoghi che tante volte ho solo potuto leggere e vivere nella realtà delle leggende che solo su documentari specialistici avevo potuto fare mi ha lasciato dentro una ammirazione per Istanbul e certamente vi ritornerò quando sarò più vecchio.
20 Sett. Si parte presto per la strada del rientro.
Oggi mi tocca una bella tappa per attraversare la frontiera e passare in Grecia, così inizio il viaggio attraversando per km e km la città su una tangenziale che non sembra mai finire.
Costeggerò la Turchia in direzione Grecia e gli ultimi km di strada (statale, è sottinteso) li percorrerò assieme ad un gruppo di motociclisti olandesi con furgone portabagagli al seguito.
E’ un piacere poter viaggiare di nuovo con tante altre moto attorno… Si meraviglieranno quando arrivati alla dogana ed in attesa del disbrigo delle pratiche burocratiche per l’uscita racconto loro della strada percorsa in solitaria. Viaggeremo assieme fino Kavala dove io decisi di pernottare.
Proprio in Grecia, attraversata la dogana mi accompagnerà fino lì una pioggerellina fitta ed incessante.
Arrivo a Kavala nel primo pomeriggio e trovo un albergo per la notte.
E’ presto per chiudersi dentro tanto che decido di fare un giro della città, così visito il castello medievale e gironzolo in cerca di un locale per la cena.
Quattro passi per il centro e poi a nanna. Già si vede che la civiltà, cosi detta, è stata raggiunta: modi di fare differenti e distaccati (purtroppo), prezzi, moda, automobili di lusso e tanto menefreghismo.
21 Sett. Prestissimo riparto per l’ultima tappa che mi porterà all’imbarco per l’Italia.
Oggi attraverso le montagne, è una strada che ho già fatto in un mio precedente viaggio ed in parte le conosco: belle su quelle strade tortuose.
L’ultimo tratto sarà in autostrada da Joannina a Igoumenitsa.
Cena in una piacevolissima località di mare nascosta fra le rocce a sud della città portuale e già la sera arriva. L’imbarco verso Bari mi darà il risveglio in Italia e già dopo 7 ore sono arrivato a casa, qui in Sicilia.
Il mio viaggio è terminato ma dentro ha lasciato tanta riconoscenza verso un popolo speciale, molto aperto al viaggiatore ed incredibilmente disponibile alla conoscenza e all’aiuto.
Il ricordo di certe emozioni non potrà mai essere cancellato ma anzi accresce il desiderio di partire ed andare sempre più.
Dedico questa esperienza a mia moglie Amalia che ha saputo leggere il mio cuore e che ha lasciato volare alta la mia voglia di viaggiare e scoprire posti nuovi e visibili solo da sopra una sella… (Lei sa e ha già di queste esperienze assieme); dedico le mie sensazioni ai miei due bimbi Nicola (4 anni) e Morgana (6 mesi) che mi sanno sempre regalare la gioia del tornare e la voglia di vedere per raccontare; dedico questi 4100 km alla mia compagna di viaggio: la moto (BMW R1200GS).

Per informazioni e dati: Pino Farina email twinzero@email.it