Agrigento 17/18 settembre 2012

Eppure non ti conoscevo così bene..
Motoraduni, moto incontri, guzzifest…queste sono state le particolari coincidenze che hanno fatto in modo che io ti conoscessi.
Si, perché conoscersi, in fondo, è frutto di determinate coincidenze.
Ed ora mi trovo lì, incastrata in quel ricordo.
A Mandello, seduti accanto, a quel lungo tavolo di legno, a parlare delle mille difficoltà della vita.
Non riesco ad alzarmi..
Tu invece, ti sei alzato…nella confusione hai detto che era tardi e che l’indomani ti saresti dovuto svegliare alle sei…
Non mi hai salutato Giò! Noi, no, io, avevo quello stupido rituale: ogni volta, ti abbracciavo fortissimo, ti poggiavo una manina sul volto e ti dicevo “Mi raccomando Giò, fai il bravo, ci vediamo in Sicilia”.
Si, era uno stupido rituale, sapevo e sapevamo, che ormai non abitavi più Sicilia e sempre più spesso ci vedevamo in giro per l’Italia, piuttosto che in terra sicula.
Eppure io tenevo tantissimo a questo tipo di commiato.
Eppure non ti conoscevo così bene…
Noi non condividevamo il quotidiano..
Dal 2006 però, da quando ti abbiamo conosciuto al primo raduno della nostra famiglia dei Guzzisti dell’Etna, sei entrato nelle nostre vite, come parte integrante.
Non importava quanto tempo trascorresse da un motoraduno (moto incontro domenicale o qualunque altra occasione in cui si riunivano più guzzi) ad un altro, perché ogni volta , era come se non ci fossimo mai divisi. Come se il lasso di tempo del “quotidiano”, magicamente, si dissolvesse.
E’ una questione di affetto, complicità, immotivato, incondizionato, gioioso stare insieme, che è difficile da spiegare a chi non ha mai vissuto la magia di un raduno Guzzi.
So solo che ogni volta che si parlava di viaggi, motoraduni, incontri, il mio esordio era sempre lo stesso: “Amore, c’è Giò? Hai chiamato Giò? Può venire? No Amore io non posso venire, ma tu vai con Giò?”.
Non ho smesso di chiederlo…stupidamente.
E’ che non riesco ancora a crederci. Tu nella mia mente sei ancora, sempre vivo.
Quest’anno a Riposto e poi a Collenberg mi sono presa in giro, dicendo al mio compagno “E Giò?Non è potuto venire, perché a lavoro non gli hanno concesso giorni di ferie, vero?”
Come qualcuno ha scritto, tu “talebano” della Guzzi, lavoro permettendo, non ti perdevi nessuno incontro e prendevi la Guzzi anche con la neve a bordo strada..
Temerario Giò…
Sono ancora seduta lì..a quel tavolo di legno..a Mandello, con te al fianco…
Quella sera, come ogni volta in cui ti incontravo, ho dedicato qualche minuto a toccare il tuo gilet.
Mi appassionava l’idea che le toppe che lo componevano rappresentassero ogni tua avventura vissuta con la Guzzi…
Si, stupida, come una bambina, mi piaceva toccare con un dito, quelle sbiadite, “vissute” toppe; seguivo il loro contorno e poi scorgevo, il tuo stupito, tenero sguardo che mi scrutava incuriosito…ma mi lasciavi fare!
Tu che non avevi bisogno di parlare…uomo di poche ed equilibrate parole..
Parlavano i tuoi occhi!
Anche qui, leggendaria descrizione del tuo sguardo, fatta da un guzzista: sembrava un attore di un vecchio film western. Oddio, è verissimo.
Ricordo la nostra meravigliosa avventura ungherese.
Ricordo quando il mio compagno si è alzato, dal tavolo di legno-molto simile a quello in cui eravamo seduti a Mandello, e si è allontanato un attimo.
Ed io sono rimasta lì..attorniata da un sacco di persone e con accanto un ungherese (educatissimo per carità) che tentava di fare il simpatico, parlando però in una lingua troppo diversa dalla mia…
Mi preoccupai…mi intimorii…non sapevo come contenere cotanta simpatia…ad un tratto, mi sentii sola..
Poi mi voltai, ed in fondo al lungo tavolo di legno, incrociai il tuo sguardo…fisso, chissà da quando, su di me…e ti sorrisi…e i tuoi occhi mi dissero che non dovevo avere paura…che lui era lì (nell’ipotesi in cui all’ungherese fosse venuto in mente di andare al di là della simpatia!!!).
L’ho visto Giò…ho visto lo sguardo d’intesa scambiato con il mio compagno quando è tornato al tavolo…
Protettivo Giò..con tutte le donne, anche se non erano le sue compagne!
E poi, da “talebano” della Guzzi , ricordi quando ti ho detto che mi ero regalata la motina, V35C?
Fiero Giò che le sue amiche, le sue donne, avevano trovato il coraggio di far il grande passo e passare da zavorrine a conducenti!!Non riesco ad alzarmi da quel tavolo di Mandello Giò, è da un anno che ci provo..
Con il mio compagno ce ne andammo qualche minuto dopo il tuo frettoloso commiato.
Facemmo la strada sotto un diluvio incessante.
Arrivammo in albergo, che si affacciava su quel maledetto lago.
Ci scambiammo gli ultimi più profondi gesti d’affetto, prima di una lontananza che sapevamo sarebbe durata almeno due mesi.
Spensi la luce e sussurrai al mio compagno “E’ finito tutto”.
Ancora oggi non so cosa mi abbia portato a pronunciare questa stupida frase.
L’indomani ci svegliammo e sotto il continuo, incessante diluvio, cominciammo a far strada.
Ho ancora il ricordo di quel maledetto lago, terribilmente desolante sotto il diluvio.
Cosa aveva dio da purificare???
Presi l’aereo da Malpensa e il mio compagno proseguì sotto la pioggia, fino a Camerino.
Alle 19, il mio compagno, prima mi ha inviato uno spensierato sms in cui mi diceva che era arrivato a casa e che il viaggio era andato bene…poi però mi ha telefonato…in un pianto disperato,come in 9 anni mai lo avevo sentito…
“E’ successa una tragedia”…
Poi il mio urlo…soffocato.
Che hai combinato Giò?
Una volta ho letto che l’elaborazione del lutto implica il passaggio da cinque fasi: rifiuto, rabbia, patteggiamento, depressione, accettazione.
Io non so bene a che stadio sia giunta. Forse sto patteggiando.
So solo che sono giorni che penso, che non riesco ad alzarmi da quel tavolo di legno a Mandello, dove ti avevo accanto.
E se ripenso a quando ti sei alzato, a quando ti allontanavi tra la folla, che ti ho seguito con lo sguardo pensando: “disonesto! non si è fatto salutare!ora chissà quando ci vedremo! il nostro rituale miseria!!”.
Quella sera, un ragazzo di animaguzzista, mi ha sentito salutare dei cari amici con una sorta di frase fatta, e poi ne ha chiesto il significato.
Spero tu stia leggendo, ora posso spiegartelo.
Saluto i miei fratelli guzzisti alla fine di ogni motoraduno con la frase “fai o fate i bravi!”.
Vuol dire: “nel lasso di tempo che dividerà questo nostro incontro dal prossimo, preservate le vostre persone, state attenti, perché sono stata così bene che non vedo l’ora di passare altri momenti lieti insieme a voi; non fate nulla che possa minacciare l’integrità delle vostre persone…”.
Che hai combinato Giò?
Mi devo alzare da quel tavolo Giò…
E smettere di piangere ogni volta che ti penso…
Dai Giò magari stavolta ci riesco…dammi una mano…mi appendo al tuo gilet..il tuo sguardo protettivo non mi fa sentire sola…E non è cosa da poco…
Adesso tranquillo Giò…mi alzo…ma tu vivrai per sempre…
Non smetto mai di ripeterlo e ne sono estremamente convinta:un uomo vive finchè qualcuno lo ricorda.
Non ti dimenticherò mai Giovanni.

Margherita (Megpearcy)

Lettera a Giovanni un anno dopo . .